Notifica via PEC: alcuni rilievi, anche alla luce della Riforma Cartabia

Di Paolo Torsello


Recentemente, con la sentenza n. 982 del 04.10.2022, il Tribunale di Latina, Sezione Lavoro, nella persona del Giudice del Lavoro, Dott.ssa Valentina Avarello, ha accolto l’opposizione proposta, basando il proprio ragionamento su specifiche valutazioni in merito alle notificazioni telematiche.

Queste ultime, a loro volta, sono state oggetto di attività da parte del Legislatore attraverso l’ormai noto D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale, n. 243 del 17.10.2022 – la c.d. “Riforma Cartabia”), il quale ha introdotto alcune interessanti modifiche in merito alle notificazioni con modalità telematiche, anche in ambito penale.

Preliminarmente, è bene richiamare, quantomeno per sommi capi, la normativa in tema di notifiche telematiche, partendo dall’art. 48 D.Lgs. 82/2005 (c.d. Codice dell’Amministrazione Digitale): “La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del D.P.R. n. 68/2005, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con le Linee guida.

La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta.

La data e l’ora di trasmissione e di ricezione di un documento informatico trasmesso ai sensi del comma 1 sono opponibili ai terzi se conformi alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 68/2005, ed alle relative regole tecniche, ovvero conformi alle Linee guida“.

E ancora, l’art. 6 comma 3 D.P.R. 68/2005 prevede: “La ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione“.

Già dalla lettura di queste due semplici disposizioni extrapenali è possibile identificare un elemento centrale delle notifiche, anche penali, ovvero la necessità che il sistema generi la Ricevuta telematica Di Avvenuta Consegna (c.d. RDAC), quale prova dell’avvenuta notifica.

Per quanto riguarda la vicenda decisa dal Giudice del Lavoro, dalla quale prendiamo spunto, senza entrare nel merito giuslavoristico della stessa, ciò che rileva è come il Giudice, condividendo le argomentazioni dell’opponente, abbia ritenuto che solo le ricevute elettroniche in formato “eml” (ovvero il formato dei file di “posta elettronica”) costituissero idonea prova della notifica degli atti di messa in mora, mentre lo stesso non poteva dirsi per le mere copie di tali atti in formato “pdf”.

In particolare, così si esprimeva il Giudice: “Con riferimento alla diffida asseritamente notificata alla parte opponente il 18.12.2013 […], rileva il giudicante che la documentazione prodotta dalla Cassa […] non è idonea ad attestare l’effettivo inoltro della pec […], trattandosi di mere stampe analogiche di avvenuta consegna della pec da cui sono evincibili come dati soltanto il giorno e la data, il mittente e il destinatario ma in assenza di una qualsiasi indicazione dell’oggetto, e quindi del contenuto del messaggio.

La mancata produzione dei file .eml della RDAC (pur disposto con ordinanza del 2.3.2021) impedisce pertanto ogni verifica in relazione al contenuto dalla pec e alla riferibilità della stessa all’atto di intimazione di cui al documento 5 […].”.

Tale sentenza a sua volta richiama la Cassazione civile secondo cui, in difetto della RDAC, la notificazione è da considerarsi affetta addirittura da inesistenza: “La notifica a mezzo posta elettronica certificata non si esaurisce con l’invio telematico dell’atto, ma si perfeziona con la consegna del plico informatico nella casella di posta elettronica del destinatario, e la prova di tale consegna è costituita dalla ricevuta di avvenuta consegna. La mancata produzione della ricevuta di avvenuta consegna della notifica a mezzo p.e.c. del ricorso per cassazione, impedendo di ritenere perfezionato il procedimento notificatorio, determina quindi l’inesistenza della notificazione, con conseguente impossibilità per il giudice di disporne il rinnovo ai sensi dell’art. 291 c.p.c., in quanto la sanatoria ivi prevista è consentita nella sola ipotesi di notificazione esistente, sebbene affetta da nullità” (cfr. Corte di cassazione civile, sez. Lavoro, 7 ottobre 2015 n. 20072).

Passando, invece, alla Riforma Cartabia, la stessa modifica in modo significativo la disciplina delle notificazioni in materia penale.

In primis, viene emendato, in materia di giustizia digitale, l’art. 16 del Decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221. Nello specifico, la norma prevedeva che: “4. Nei procedimenti civili e in quelli davanti al Consiglio nazionale forense in sede giurisdizionale, le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, secondo la normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. Allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, del codice di procedura penale. La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria.”.

Ora tale limitazione non è più prevista, pertanto anche le notificazioni all’imputato possono essere effettuate via PEC, in combinato disposto con l’art. 148, comma 1, c.p.p..

Quest’ultima norma, a sua volta, risulta modificata dalla Riforma Cartabia come segue: “1. In ogni stato e grado del processo, salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni degli atti sono eseguite, a cura della segreteria o della cancelleria, con modalità telematiche che, nel rispetto della normativa anche regolamentare concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici, assicurano la identità del mittente e del destinatario, l’integrità del documento trasmesso, nonché la certezza, anche temporale, dell’avvenuta trasmissione e ricezione. […]”.

Tale disposizione, poi, è stata estesa alle varie notificazioni richieste dalle altri parti private, nonché a quelle rivolte al pubblico ministero, rispettivamente agli artt. 152 e 153 c.p.p..

Infine, a chiusura del cerchio – a riprova della stretta correlazione tra Riforma Cartabia e normativa in tema di notifiche telematiche, indicata in premessa – deve essere ricordato il nuovo art. 168 c.p.p., il quale ora prevede che “per le notificazioni effettuate con modalità telematiche la ricevuta di avvenuta consegna, generata dal sistema, assume valore di relazione di notificazione. […]”.

Conseguentemente, il Legislatore ha sostanzialmente avallato quanto già affermato in giurisprudenza, ovvero che solo la RDAC può costituire prova dell’avvenuta notifica. Con una differenza, però, rispetto alla “tesi civilistica” descritta poc’anzi. La mancanza della ricevuta di consegna non determina l’inesistenza della notifica, ma la sua nullità, come chiaramente indicato dal nuovo art. 171, comma 1, lettera b-bis) c.p.p.: “La notificazione è nulla: […] b-bis) se, in caso di notificazione eseguita con modalità telematiche non sono rispettati i requisiti di cui al comma 1 dell’articolo 148 […]”.

In conclusione, la Riforma Cartabia mira a favorire l’utilizzo delle notifiche telematiche anche nel procedimento penale determinando, quale diretta conseguenza, la necessità della prova dell’avvenuta ricezione, tramite deposito in udienza della ricevuta di avvenuta consegna.

Tuttavia tale previsione, per quanto teoricamente semplice, non lo appare affatto in concreto, poiché comporta che le varie cancellerie dei Tribunali, nonché le segreterie delle Procure della Repubblica, abbiano l’obbligo di verificare attentamente di aver ricevuto l’apposita RDAC, pena la nullità della notifica e la conseguente (eventuale) regressione del procedimento penale, o comunque il rinvio dello stesso, fino a quando non risulti adempiuta la notifica richiesta.


Di Paolo Torsello



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Note:

[1] Così ricorda Carlo FUSARO, Professore Ordinario di Diritto Pubblico Comparato, nel suo scritto Dopo la sentenza 13/2012. Il “Comma 22” dell’Ordinamento Costituzionale Italiano. In Osservatoriosulle fonti.it, fasc. 1/2012. [torna su]

[2] Il ‘Dilemma Corneliano’ deve il suo nome al drammaturgo francese Pierre Corneille, nella cui opera Le Cid (1636) il protagonista, Rodrigo, è lacerato fra due inclinazioni: da una parte il voler essere meritevole dell’amore della sua sposa Chimène; dall’altra, il desiderio di vendicare il proprio padre dall’onta inflittagli dal padre di lei. Rodrigo può ottenere la vendetta solo perdendo così l’amore della sua amata, oppure rinunciare alla vendetta e perdere l’onore di fronte alla sua famiglia e alla stessa amata. [torna su]

[3] Sullo specifico argomento ha pubblicato un interessante contributo il Collega Riccardo Radi del Foro di Roma nell’immediatezza della pronuncia qui segnalata. [torna su]